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Immagine del redattoreRaffaele Ioannoni

TANTALO: IL SUPPLIZIO DEL XXI SECOLO

Aggiornamento: 15 dic 2023

Caro lettore.

Oggi ti racconterò una storia.

Un mito per la precisione. Il mito greco di Tantalo.

Potreste dirmi:” Ma questo è un sito che tratta di psicologia! Che centrano i miti greci?”

Giusta osservazione.

Domanda legittima.

Ma la mitologia greca è una miniera d’oro per la psicologia e la psicoanalisi.

È una cornucopia di figure dell’umano, di metafore che da millenni ci colpiscono ed interrogano.

La cultura greca ha plasmato l’immaginario e la cultura mediterranea; ha modellato il nostro modo di ragionare e di guardare il mondo.

Come nessun altro, ha saputo rappresentare le vicende, i desideri e le figure del nostro inconscio.

Bando alle ciance… Iniziamo!


TANTALO: IL MITO.



Tantalo era figlio di Zeus, il re degli di dei, e di Plute, una ninfa. Secondo la tradizione, egli era il re della Frigia, una regione dell’Asia minore ricca e prospera.

Tantalo era un uomo furbo che mai si stancò di mettere alla prova gli dèi. Si racconta che riuscì a rubare l’ambrosia, il nettare di cui si nutrivano le divinità e che addirittura riuscì a catturare Thanatos, il dio della morte, donando a tutti gli uomini l’immortalità.

Beh, almeno fino a quando quest’ultimo non fu liberato da Ares, il terribile dio della guerra.

Del resto, che gusto c’era nel combattere se nessuno moriva?


Nonostante queste “marachelle”, gli dèi non avevano mai preso seri provvedimenti nei suoi confronti.

Finché Tantalo non oltrepassò il segno. Volle sfidare gli dèi e la loro onniscienza.

Decise allora di organizzare un grande banchetto nella sua reggia al quale invitò tutti gli dèi dell’Olimpo.

Tantalo aveva fatto preparare per l’occasione un delizioso spezzatino, una pietanza speciale appositamente pensata per i suoi ospiti divini.

E per ospiti di quel calibro, il re pensò ad un tipo di carne molto particolare.

Quella di Pelope, suo figlio.


Ebbene sì.

Tantalo fece a pezzi il sangue del suo sangue e lo diede in pasto agli dèi…

Appena la pietanza fu servita, tutti gli ospiti rimasero inorriditi nel guardare il proprio piatto… tutti eccetto Demetra che, devastata per la scomparsa della figlia, addentò, senza accorgersene, la spalla cotta del povero Pelope.

Tantalo si era spinto troppo oltre: va bene rubare l’ambrosia, va bene imprigionare Morte; ma uccidere il proprio figlio e cucinarlo per mettere alla prova l’onniscienza divina…

Un simile atto non poteva rimanere impunito.

Ma quale castigo per un simile uomo?


E gli dèi, ai quali non manca il senso dell’umorismo, decisero di punirlo in modo esemplare.

Tantalo fu spedito nell’Ade.

Fu immerso fino al collo in un lago le cui acque erano limpide e pure. Sulle sponde di quello specchio d’acqua, gli dèi misero degli alberi i cui rami, carichi di frutti meravigliosi e succosi, pendevano appena sopra la testa dello sventurato.

Con un solo movimento del capo Tantalo avrebbe potuto bere l’acqua fresca del lago e con un leggero movimento del braccio, avrebbe potuto raccogliere e nutrirsi di quei frutti succulenti.

Dopo poco tempo, la fame e la sete cominciarono a farsi sentire.

E lì Tantalo si rese conto della terribile punizione che gli dèi avevano architettato per lui.


Quando abbassava il capo per bere, l’acqua si ritraeva quel poco per impedire alle sue labbra di sfiorarla; quando allungava il braccio per cogliere uno di quei frutti appetitosi, riusciva solo ad accarezzarli leggermente: i rami, carichi di ogni ben di dio, si allontanavano di quel poco per impedirgli di coglierli.

Tutto era alla sua portata, ma nulla era raggiungibile.

Flagellato da una sete inestinguibile e da una fame insaziabile, Tantalo rimase per l’eternità in questo supplizio: l’oggetto del suo desiderio era lì a portata di mano, ma ogni sforzo che faceva per raggiungerlo era vano.

Una punizione terribile non trovi?

Avere davanti agli occhi l’oggetto del tuo desiderio e non poterlo mai raggiungere: non importa quanto ti sforzi o ti impegni; rimarrai sempre con un pugno di mosche.


TANTALO: LA FIGURA DEL DESIDERIO IRRAGGIUNGIBLE.


Il desiderio irraggiungibile è un tema comune nella letteratura, nella filosofia e nella psicologia, e può essere interpretato come una rappresentazione della lotta umana tra i desideri profondi e la realtà che spesso impedisce di soddisfarli completamente.

Ma cosa significa la parola desiderio?

Questa parola deriva dal latino ed è composta dalla particella privativa de e la parola sidusche significa stella. Letteralmente, quindi, desiderio significa assenza delle stelle. Nell’epoca antica, i corpi celesti erano indispensabili per aiutare i marinai ad orientarsi durante la navigazione: puoi ben immaginare il senso di smarrimento e paura che provavano questi uomini quando si trovavano nel buio del mare aperto senza punti di riferimento. Da qui la speranza di poter vedere nuovamente le stelle.

In sintesi, il desiderio nasce dalla mancanza.


Interessante notare come questa relazione tra desiderio e stelle si sia mantenuta viva nel nostro immaginario.

Pensate ai film: spesso capita di vedere un personaggio che, guardando la volta celeste, si abbandona al racconto di ciò che vorrebbe fare, essere o diventare…

Insomma, nel corso dei secoli, il termine ha subito un’estensione semantica, passando da un significato letterale ad uno metaforico.

E la questione del desiderio si intreccia perfettamente con il mito di Tantalo.

Il tormento di desiderare qualcosa intensamente ma non essere mai in grado di ottenerlo completamente.

Eccolo qui.


Ma al posto di fermarsi a riflettere su quali siano questi impedimenti, sul perché ciò che veramente agogniamo ci sfugga, spesso viriamo verso oggetti che non sono altro che dei pallidi sostituti che ci vengono spacciati come capaci di tappare, una volta per tutte, la nostra sete e la nostra fame; oggetti capaci di tappare per sempre il buco della mancanza.

Ed è per questo che li desideriamo.


Grazie al nuovo modello di cellulare sarò felice.

Grazie alla nuova auto sarò finalmente appagato.

Grazie al nuovo profumo, potrò ottenere tutto quello che voglio.


E allora, spinti da questa illusione, ci facciamo sedurre.

E compriamo.

L’esito? La frustrazione.

E infatti desideriamo dopo poco un nuovo oggetto che viene prontamente fornito dal mercato, illudendoci che sarà quello definitivo.

Stesso esito.

Lo compriamo.

Ed è nuova frustrazione.

E il tutto ricomincia daccapo.

Ci fanno credere che il frutto succoso che pende davanti al nostro naso sia raggiungibile in cambio di un piccolo esborso di denaro…

E noi crediamo che quell’oggetto possa sanare la nostra mancanza; che possa essere l’acqua che ci disseti; la gomma che cancella le nubi che offuscano il cielo notturno.


Ed ecco che, in un modo o nell’altro, siamo presi nel supplizio di Tantalo. Il difficile non è entrarci: il difficile è uscirne.

Tutti noi abbiamo una spinta nei confronti del mondo, una pulsione che ci spinge verso qualcosa, un desiderio che ci guida… ma qual’ è questo desiderio?

Non risponderò a questa domanda. Non saprei come fare.

Il desiderio è quanto di più intimo ed autentico esista nell’uomo, quella dimensione inconscia che riguarda ciascuno di noi.

Me.

Te.

Chiunque.

È sempre soggettivo e personale e spetta a noi indagarlo, scoprirlo ed assumerlo.


CONCLUSIONE


In questo articolo è stato raccontato il mito di Tantalo che è stato poi messo in relazione con la questione del desiderio soggettivo.


E tu cosa ne pensi?

Un caloroso saluto dal vostro Raffaele.




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